venerdì 22 gennaio 2010

Lezioni di vita - IV

Il Tachiflu Dec al miele/limone fa tirare il vomito.

 Il Tachiflu Dec al limone e basta fa arricciare le unghie dei piedi e ritirare le gengive dagli incisivi.

martedì 19 gennaio 2010

L'ultimo centimetro

È tutto ciò che ci resta qui dentro. È il nostro ultimo centimetro... ma in quel centimetro, siamo liberi. Uno. È piccolo ed è fragile ed è l’unica cosa che valga la pena avere.
(Alan Moore, V for Vendetta)

Sono sempre stato alla perenne ricerca della libertà. Libertà e indipendenza. Dai luoghi, dalle persone, dai legami e, a volte, anche dai sentimenti.

Ricordo la prima volta in cui mi sono sentito davvero libero.
Era la vigilia di Natale di molti anni fa: ero stato l'unico, in tutta la caserma, a non volere la licenza.
Avevano accettato la mia richiesta senza batter ciglio.
Avevano deciso di farmi rimanere, unico di 1200 militari di leva, senza batter ciglio.
Avevano staccato la corrente elettrica ed avevano spento il riscaldamento, senza batter ciglio.
Ma quella notte, sepolto sotto cinque pesanti panni, con il fiato che si condensava invisibile, nella gelida e buia notte, mi ero sentito, per la prima volta, libero.

Col passare degli anni, ho tentato strenuamente di difendere la mia libertà, la mia indipendenza, tentando di preservare quell'ultimo centimetro.

Quel centimetro era il mio bagno.
In bagno avevo trovato il luogo dove il mondo non poteva entrare. In bagno mi immergevo nelle letture. In bagno mi tuffavo nel mondo della fantasia. In bagno mi estraniavo dal resto del mondo, che rimaneva là, fuori, in attesa. Pronto ad assalirmi, non appena fossi uscito. Ma, in bagno, ero libero.

Poi c'era la necessità di trovare l'indipendenza, la libertà, non dal mondo, ma dalle persone.
Aprirsi alle persone, legarsi alle persone, voleva dire cedere, arretrare centimetro dopo centimetro, fino ad annullarsi completamente.
E, così, quel centimetro divenni io.
Quando una persona si avvicinava troppo, la chiudevo fuori. Quel centimetro era mio.

Come è accaduto, non me lo so spiegare.
Pochi giorni fa mi accorgo che, in quel centimetro, non sono solo.
Ci sei anche tu.
Che tu ci sia entrata da sola o che ti abbia lasciata entrare, non ha importanza.
Ciò che importa è che qui, in questo centimetro, ci sei anche tu.
Ciò che importa è che qui, in questo centimetro, insieme a te, mi sento libero.

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Epilogo
E sì, poi ci sarebbe pure la storia del bagno. Ma in quell'ultimo centimetro ci sto da solo, grazie. Anche perché non ho alcuna intenzione di separarmi dalla mia collezione di Le Ore Mese.

sabato 16 gennaio 2010

Edipo

Qualche mese fa sono stati assegnati i Macchianera Blog Awards 2009.
A parte il compiacimento nel leggere che Grillo ha portato a casa il premio per il "miglior blog andato a puttane", sono stato felice che il premio come miglior post sia andato a Serendipity per questo.
È rassicurante sapere che una ragazza si strugge tanto per la morte del padre, mentre io potrei restare indifferente al funerale del mio.
O forse no, magari una lacrima la verserò.
Ripensandoci bene, credo che soffrirò.
O forse, più che dolore, proverò rancore nei suoi confronti. O rancore nei miei confronti, per non provare un dispiacere immenso, e per questo proverò rancore nei suoi confronti.
O magari mi fotterà, morirò prima io e allora sticazzi. (non fosse per il fatto che morirò a cento anni di età e che, inoltre, ho un impegno che mi tiene occupato per almeno i prossimi trentasette anni)
Ma il fatto è che, in via puramente teorica, potrebbe capitare, eh!
Ho visto il dolore di una madre e di un padre che avevano perso un figlio: una cosa straziante. Un dolore continuo, che non passa mai, nemmeno dopo tanti anni.
E ho pensato due cose:
1) non vorrei mai provare una cosa del genere;
2) sarebbe un ottimo modo per far soffrire mio padre.
Poi ho pensato che, in effetti, questo implicherebbe la mia dipartita e la cosa, un po', mi infastidisce (non fosse altro per quell'impegno di cui parlavo poco sopra).
Ma ho già pronta la soluzione: potrebbe sempre morire mia sorella, no? Ma mi spiacerebbe lasciare mia nipote senza madre - che poi, metti caso, un giudice dovesse decidere di affidarla allo zio che tanto le vuol bene (zio che sarei io)... ci ho messo un po' di anni a sbarazzarmi dei Nani e ora dovrei trovarmi in casa un'altra ragazzina?
Uff, questo mio cuore tenero mi rovina la vita.

Si potrebbe pensare che io odi mio padre, ma non è così. Mio padre non ha mai fatto niente per farsi odiare. Ma mio padre non ha mai fatto niente nemmeno per farsi amare.
Mio padre non ha mai fatto niente. Che, forse, è anche peggio.
Ho invidiato per anni i miei amici che avevano un padre con cui, ogni tanto, fare qualcosa: giocare a pallone, truccare un motorino, comprare i giornalini porno, cose così.
Invece no.
Se facevo qualcosa, lui non c'era. Se partecipavo a quelle pietose recite nel teatro parrocchiale, recite nel quale mi affidavano sempre un ruolo da protagonista, cercavo mio padre nel buio della sala, ben sapendo che sarebbe stato al bar a fumare. Se andavo a giocare a pallone, lui non c'era. Se avevo una gara di nuoto, lui non c'era. Se andavo a comprare i giornalini porno, non me li vendevano perché lui non c'era.
Poi, un giorno, mi disse: andiamo a pescare.
Mio padre aveva la passione della pesca, era uno di quelli che partiva a mezzanotte per andare a fare pesca notturna in Po, per dire. A me la pesca faceva cagare, ma l'idea di fare qualcosa insieme a lui era irresistibile.
Ora, se si vuol instaurare un rapporto padre-figlio, forse la pesca non è il modo migliore per iniziare.

Io:
Padre: Ssst
Io: ...
Padre: ...
Io:
Padre: Silenzio, altrimenti i pesci non abboccano.
Io: scusa
Padre: Ssst
Io: ...
Padre: ...
Io:
Padre: Silenzio, disturbi gli altri pescatori.

Insomma, avete capito.
Comunque, finalmente, facevamo qualcosa insieme! Padre e figlio! Come i miei amici!
Dopo la seconda volta che uscimmo a pesca, io mi ero già appassionato a questo sport (non è vero, mi faceva cagare come prima, ma fingevo spasmodico interesse, pur di far contento mio padre e continuare a far qualcosa insieme). Dopo la terza volta, mio padre vendette le canne da pesca e si disinteressò completamente di quello che era stato il suo hobby per gli ultimi 15 anni.

Avete mai avuto un sogno?
Ecco, fin da quando ero bambino, quando cominciai a leggere i fumetti (a quattro anni e mezzo io sapevo riconoscere le lettere; con molta fatica, con molti tentennamenti, a cinque anni leggevo i cartelli stradali e, di lì a poche settimane, mi godevo Topolino), decisi che nella vita avrei voluto fare una cosa sola: disegnare. Disegnavo sempre, disegnavo ovunque e, devo dire, anche abbastanza bene.
A tredici anni dissi ai miei genitori che, alle superiori, avrei voluto fare la scuola d'arte.
Fu allora che mio padre mi disse dell'esistenza della Scuola Disney. Finalmente mio padre si interessava a me, finalmente mio padre era pronto ad appoggiarmi, a darmi il suo supporto in qualcosa!

Padre: ... E c'è questa scuola di fumetto
Io: Sìììììììììì
Padre: della Disney
Io: Sìììììììììì
Padre: a Torino.
Io: Sìììììììììì
Padre: Ti piacerebbe andarci?
Io: Sìììììììììì
Padre: Bene, quando avrai il diploma di ragioneria, come me e come tuo nonno, allora potrai fare la scuola di fumetto.
Io: Ragioneria?
Padre: Sì, ti ci ho iscritto questa mattina.

Il mio sogno di dieci anni, andato a puttane in dieci minuti.
Comunque un corso di fumetti l'ho fatto, così, per togliermi lo sfizio, qualche anno fa.
Al termine del corso, l'insegnate mi ha chiesto:

Buf: Ma tu... perché non hai provato a fare il fumettista?
Io: Hai presente un padre?
Buf: Sono orfano.

martedì 5 gennaio 2010

Lezioni di vita - III

Non ringrazierò mai abbastanza la Montenegro S.r.l. di Zola Predosa (BO) per questo nettare prelibato.

Lezioni di vita - II

Puoi fare fesso un bambino di 11 anni.
Puoi fare fessa una donna.
Ma non puoi fare fessa una donnina di 11 anni.

lunedì 4 gennaio 2010

Un nuovo anno

Il freddo si è ripresentato in quel di Modena, insieme a qualche sporadico fiocco di neve.
Poca cosa, confronto alle temperature polari del weekend prenatalizio (-13°C, da quanto tempo non sentivo un freddo così in città?)!
Ah, che bello, quel freddo bastardo!
La neve che ricopriva ogni cosa e creava ingorghi spaventosi.
Il ghiaccio che causava incidenti a catena.
Il freddo che gelava il culo alla zingara seduta sotto al portico e le impediva di allungare verso di me le sue luride manacce sporche.
Il gelo che attanagliava le dita del violinista polacco piazzatosi, come sempre, sotto le finestre del mio ufficio (bravissimo, il violinista, per l'amor del cielo... se solo non suonasse per quattro ore al giorno la stessa, identica, tristissima melodia!).
E poi leggo sul giornale che, con questo freddo, le uova delle zanzare tigre dovrebbero essere morte. Eccazzo, finalmente una buona notizia! Cinque giorni di gelo assoluto e un'estate con poche zanzare tigre a rompere i coglioni! Certo, magari qualche barbone è morto congelato, ma vuoi mettere un'estate senza zanzare tigre?

E poi: Natale.
Mi sono subito impossessato del regalo della Nana (Wii Fit Plus) e mi sono deliziato per avevo perso un paio di chili. La tragedia è che alla sera di Santo Stefano ero ingrassato di 2,5 kg (come cazzo si fa a mettere su due chili e mezzo in due pasti?!?!)

E poi: Capodanno.
Ecco, pensavo di essere stato molto bravino, di aver bevuto pochino, giusto per festeggiare.
Ma, a ben pensarci... tornare a casa alle 5 e mettersi a stendere anziché andare a letto, può essere considerato sintomo di ubriachezza?

E poi: eccomi qui, di nuovo al lavoro, a fare un bilancio di un 2009 denso di cambiamenti (avevo scritto "pregno", ma ho cancellato il termine per scaramanzia), con la testa piena di buoni propositi per l'anno appena iniziato.
E con pochissime idee per scrivere un post decente.
Quindi, bando alle ciance: auguri a tutti, anche se in ritardo. E che il 2010 sia un anno pieno di