sabato 16 gennaio 2010

Edipo

Qualche mese fa sono stati assegnati i Macchianera Blog Awards 2009.
A parte il compiacimento nel leggere che Grillo ha portato a casa il premio per il "miglior blog andato a puttane", sono stato felice che il premio come miglior post sia andato a Serendipity per questo.
È rassicurante sapere che una ragazza si strugge tanto per la morte del padre, mentre io potrei restare indifferente al funerale del mio.
O forse no, magari una lacrima la verserò.
Ripensandoci bene, credo che soffrirò.
O forse, più che dolore, proverò rancore nei suoi confronti. O rancore nei miei confronti, per non provare un dispiacere immenso, e per questo proverò rancore nei suoi confronti.
O magari mi fotterà, morirò prima io e allora sticazzi. (non fosse per il fatto che morirò a cento anni di età e che, inoltre, ho un impegno che mi tiene occupato per almeno i prossimi trentasette anni)
Ma il fatto è che, in via puramente teorica, potrebbe capitare, eh!
Ho visto il dolore di una madre e di un padre che avevano perso un figlio: una cosa straziante. Un dolore continuo, che non passa mai, nemmeno dopo tanti anni.
E ho pensato due cose:
1) non vorrei mai provare una cosa del genere;
2) sarebbe un ottimo modo per far soffrire mio padre.
Poi ho pensato che, in effetti, questo implicherebbe la mia dipartita e la cosa, un po', mi infastidisce (non fosse altro per quell'impegno di cui parlavo poco sopra).
Ma ho già pronta la soluzione: potrebbe sempre morire mia sorella, no? Ma mi spiacerebbe lasciare mia nipote senza madre - che poi, metti caso, un giudice dovesse decidere di affidarla allo zio che tanto le vuol bene (zio che sarei io)... ci ho messo un po' di anni a sbarazzarmi dei Nani e ora dovrei trovarmi in casa un'altra ragazzina?
Uff, questo mio cuore tenero mi rovina la vita.

Si potrebbe pensare che io odi mio padre, ma non è così. Mio padre non ha mai fatto niente per farsi odiare. Ma mio padre non ha mai fatto niente nemmeno per farsi amare.
Mio padre non ha mai fatto niente. Che, forse, è anche peggio.
Ho invidiato per anni i miei amici che avevano un padre con cui, ogni tanto, fare qualcosa: giocare a pallone, truccare un motorino, comprare i giornalini porno, cose così.
Invece no.
Se facevo qualcosa, lui non c'era. Se partecipavo a quelle pietose recite nel teatro parrocchiale, recite nel quale mi affidavano sempre un ruolo da protagonista, cercavo mio padre nel buio della sala, ben sapendo che sarebbe stato al bar a fumare. Se andavo a giocare a pallone, lui non c'era. Se avevo una gara di nuoto, lui non c'era. Se andavo a comprare i giornalini porno, non me li vendevano perché lui non c'era.
Poi, un giorno, mi disse: andiamo a pescare.
Mio padre aveva la passione della pesca, era uno di quelli che partiva a mezzanotte per andare a fare pesca notturna in Po, per dire. A me la pesca faceva cagare, ma l'idea di fare qualcosa insieme a lui era irresistibile.
Ora, se si vuol instaurare un rapporto padre-figlio, forse la pesca non è il modo migliore per iniziare.

Io:
Padre: Ssst
Io: ...
Padre: ...
Io:
Padre: Silenzio, altrimenti i pesci non abboccano.
Io: scusa
Padre: Ssst
Io: ...
Padre: ...
Io:
Padre: Silenzio, disturbi gli altri pescatori.

Insomma, avete capito.
Comunque, finalmente, facevamo qualcosa insieme! Padre e figlio! Come i miei amici!
Dopo la seconda volta che uscimmo a pesca, io mi ero già appassionato a questo sport (non è vero, mi faceva cagare come prima, ma fingevo spasmodico interesse, pur di far contento mio padre e continuare a far qualcosa insieme). Dopo la terza volta, mio padre vendette le canne da pesca e si disinteressò completamente di quello che era stato il suo hobby per gli ultimi 15 anni.

Avete mai avuto un sogno?
Ecco, fin da quando ero bambino, quando cominciai a leggere i fumetti (a quattro anni e mezzo io sapevo riconoscere le lettere; con molta fatica, con molti tentennamenti, a cinque anni leggevo i cartelli stradali e, di lì a poche settimane, mi godevo Topolino), decisi che nella vita avrei voluto fare una cosa sola: disegnare. Disegnavo sempre, disegnavo ovunque e, devo dire, anche abbastanza bene.
A tredici anni dissi ai miei genitori che, alle superiori, avrei voluto fare la scuola d'arte.
Fu allora che mio padre mi disse dell'esistenza della Scuola Disney. Finalmente mio padre si interessava a me, finalmente mio padre era pronto ad appoggiarmi, a darmi il suo supporto in qualcosa!

Padre: ... E c'è questa scuola di fumetto
Io: Sìììììììììì
Padre: della Disney
Io: Sìììììììììì
Padre: a Torino.
Io: Sìììììììììì
Padre: Ti piacerebbe andarci?
Io: Sìììììììììì
Padre: Bene, quando avrai il diploma di ragioneria, come me e come tuo nonno, allora potrai fare la scuola di fumetto.
Io: Ragioneria?
Padre: Sì, ti ci ho iscritto questa mattina.

Il mio sogno di dieci anni, andato a puttane in dieci minuti.
Comunque un corso di fumetti l'ho fatto, così, per togliermi lo sfizio, qualche anno fa.
Al termine del corso, l'insegnate mi ha chiesto:

Buf: Ma tu... perché non hai provato a fare il fumettista?
Io: Hai presente un padre?
Buf: Sono orfano.

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