giovedì 15 settembre 2011

Non c'è due senza tre

La Vecchia (leggasi: mia nonna) va per i 92 anni e ancora non ha capito che, se è stata bene fino a poco tempo fa, è per una tremenda botta di culo ed è un'eccezione e non la regola.
Comunque, negli ultimi anni è diventata parecchio sorda, le sono venuti diversi acciacchi (normale, per una vecchia che ha iniziato a lavorare a 9 anni) e ha iniziato a dormire poco e male, il tutto unito al fatto che ha problemi di cuore da una quarantina d'anni.
Tutto questo, con la complicità dei medici dell'ACI, non le impedisce di continuare a condurre l'auto (guidare è oggettivamente un termine un po' troppo forte) ma è motivo sufficiente per farsi ricoverare almeno una volta al mese per una serie di esami.

Insomma, la settimana scorsa si è fatta ricoverare.
In geriatria, anche se il reparto non le piace perché "l'è pin ed vec" (è pieno di vecchi).
In geriatria le camere sono doppie: forse perché gli anziani ricoverati non si sentano troppo soli e abbiano qualcuno con cui poter scambiare due chiacchiere.
Ora, provate ad immaginare la Vecchia: una donnina di un metro e cinquanta scarsi (a sentir lei, si è abbassata con l'età mentre fino a qualche anno fa era moooooolto più alta; dalle foto di quando era giovane, sarà stata giusto un metro e cinquantatre) col pepe al culo, che non sta mai ferma e non tace mai.
Ecco, in camera con lei c'era una signora di 93 anni che la Vecchia mi ha descritto così: "quasta l'è vecia, l'è piò vecia che me" (questa è anziana, è più anziana di me), questa signora che non si muoveva, non spiaccicava una parola, sempre sdraiata a bocca aperta a fissare il soffitto.

Vecchia: Beh insàma, ier matèina i m'an purtèe a fer un esam in zèma al let, 'sta sgnora la m'ha guardèe e la m'ha det quel. (Beh, insomma, ieri mattina mi hanno portato a fare un esame portandomi via con il mio letto, questa signora mi ha guardato e mi ha detto qualcosa)
Io: E cosa ti ha detto?
Vecchia: An n'al so, a sun sorda, an n'ho capi gninta. (Non lo so, sono sorda, non ho capito niente)
Io: E tu cos'hai fatto?
Vecchia: A l'ho saluteda con la man. (L'ho salutata con la mano)

E così la Vecchia è andata a fare l'esame e, dopo un paio d'ore, l'hanno riportata in camera e dell'altra vegliarda non c'era traccia, né di lei, né del suo letto.

Vecchia: E alora a i'ò d'mandèe a l'infermèra: "La sgnora l'è andeda via?" (E allora ho chiesto all'infermiera: "la signora è andata via?")
Io: E lei?
Vecchia: E l'infermèra: "Sì, signora, è andata via".
Io: E poi?
Vecchia: E po' l'am fà: "È andata via e non ritorna mica più, sa..." E beh, insàma, l'è morta. (E poi mi ha detto: "È andata via e non ritorna mica più, sa..." Beh, insomma, è morta)
Io: Ecco, magari questa qua ti stava chiedendo aiuto, ha rivolto a te le ultime parole della sua vita e tu l'hai salutata.
Vecchia: Sa vot c'at dèga, a sun sorda. (Cosa vuoi che ti dica, sono sorda)

Fatto sta che, dopo tre ore, la Vecchia aveva già una nuova compagna di stanza, descritta così: "quasta ché l'è dimàndi piò zovna, ma l'è mèsa mel" (questa signora è parecchio più giovane, ma è messa male). In effetti questa signora, "parecchio più giovane" (avrà una novantina d'anni), era messa esattamente come l'altra: non si muoveva, non spiaccicava una parola, sempre sdraiata a bocca aperta a fissare il soffitto.

Vecchia: E me a i'era ché, ca leziva al giurnel e so fiola ag taièva ali ònzi: tic tic tic tic (E io ero qui, che leggevo il giornale e sua figlia le tagliava le unghie: tic tic tic tic)
Io: E lei?
Vecchia: E le gninta, seimper ferma a baca averta e so fiola: tic tic tic. (E lei niente, sempre ferma con la bocca aperta, e sua figlia: tic tic tic)
Io: E poi?
Vecchia: Am volt, a la guerd con la càva di oc e a pèins: "Dio bon, s'lè zàla!" e a toren al me giurnel. E so fiola seimper: tic tic tic, atàc a chi onz. (Mi volto, la guardo con la coda degli occhi e penso: "Dio santo, che colorito  giallastro!" e riporto l'attenzione al mio giornale. E sua figlia sempre: tic tic tic, attaccata a quelle unghie)
Io: Eh, e poi?
Vecchia: E po' l'ariva n'infermèra per cambier i flebo, la verda la sgnora e la càza un sbràit: "L'è fràda! Dutòr! Dutòooor!". Insàma, l'era morta e so fiola ancàra: tic tic tic, an's n'era gnanc adèda (E poi arriva l'infermiera per cambiare le flebo, guarda la signora e lancia un urlo: "È fredda! Dottore! Dottoreeee!". Insomma, era morta e sua figlia ancora: tic tic tic, non se n'era nemmeno accorta)

Oggi sono tornato a trovare la Vecchia.
Ha una nuova compagna di stanza: questa si guarda intorno e parla di continuo, ma non c'è mica con la testa.
Un ictus o qualcosa del genere, insomma.
E allora le dico, alla Vecchia:

Io: Oh nonna, spera che sia più cagionevole di salute di quello che sembra perché, come dice il detto: Non c'è due senza tre, e c'è caso che stavolta tocchi a te.
Vecchia: Val a tor in dal cul. (Vai a prenderlo nel culo)

Nessun commento:

Posta un commento

Se proprio senti l'impellente necessità di scrivere qualcosa, puoi farlo qui.