domenica 16 settembre 2012

Quello che rimane

E alla fine, tutto quello che rimane sono qualche fotografia, un sacco di ricordi bellissimi, un paio di domande che non hanno risposta (e che per questo non saranno nemmeno formulate) e la fiancata della mia auto completamente rovinata.

(disclaimer: questo post è stato scritto all'uscita della Festa del Lambrusco di Sorbara, che ha raggiunto il culmine quando un amico è stato chiuso nel cesso chimico - vedi foto. Pertanto, l'autore declina ogni responsabilità)


venerdì 13 luglio 2012

Riflessioni

Qui, in spiaggia, con in corpo l'ultima Corona delle vacanze, mi è venuto in mente che, mia figlia, adesso ha esattamente la stessa età che aveva mio figlio quando mi ha detto di aver fatto sesso per la prima volta.
E, improvvisamente, mi è venuto freddo.

mercoledì 6 giugno 2012

Caro Presidente Napolitano

Caro Presidente Napolitano,
ho letto che domani ha intenzione di visitare "la Bassa".
Le chiedo un piacere (ma può anche interpretarlo come un amichevole consiglio): non venga.
Resti a Roma.

Caro Presidente Napolitano,
esiste il momento giusto per fare una cosa giusta: il momento giusto, però, è già passato.
Se fosse venuto la mattina del 20 maggio, o il pomeriggio del 29, l'avremmo accolta a braccia aperte.
Ci saremmo stretti a Lei, come ci si stringe ad una figura paterna, ci saremmo stretti a Lei che ci sembrava uno dei pochi politici degni di rispetto e di stima, ci saremmo stretti a Lei, confidando in una parola di conforto.
Ma non ora.
Non dopo due settimane.
Ora è tardi.

Caro Presidente Napolitano,
ci sono parole giuste da dire nel momento giusto: Lei, però, ha usato parole sbagliate.
"Non è il momento di piangersi addosso".
Caro Presidente, non poteva trovare parole più sbagliate: ci hanno fatto male quanto la caduta delle nostre torri, ci hanno fatto male perché da Lei non ce le saremmo mai aspettate.
Caro Presidente, me lo lasci dire: Lei non ha capito assolutamente niente di noi modenesi.
Non ci siamo pianti addosso: abbiamo pianto i nostri cari, i nostri affetti, il frutto del nostro lavoro. Ma abbiamo pianto con dignità, che è una cosa sempre più rara e forse anche Lei si è dimenticato che faccia ha, la dignità.
Se fosse venuto qui, la mattina del 20 maggio, il pomeriggio del 29, l'avrebbe potuta vedere: ha la faccia di ogni mio concittadino.
Ha la faccia dell'anziano che dice alla giornalista "Qui è crollato tutto, ma non siamo crollati noi".
Ha la faccia delle rezdore che, pur senza casa, continuano a friggere gnocco per i volontari, per la protezione civile, per i vigili del fuoco impegnati negli aiuti.
Ha la faccia di tutte le persone che dicono "Sì, è crollato tutto, ma lo ricostruiremo com'era".
Avrebbe potuto vederla, che faccia ha la dignità, caro Presidente, se solo fosse venuto al momento giusto, con parole giuste.

Caro Presidente Napolitano, c'è un'altra cosa che forse non ha capito, di noi modenesi: non dimentichiamo.
E Lei vuole venire al momento sbagliato, dopo aver detto parole sbagliate.
E, caro Presidente Napolitano, sui nostri volti potrebbe trovare non solo dignità, ma anche rabbia. Tanta rabbia.

Caro Presidente Napolitano, per piacere: non venga, resti a Roma.

lunedì 19 marzo 2012

-208 o -21?

Il 14 ottobre, tra duecentootto giorni e qualche ora, si svolgerà la Maratona d'Italia, che anche quest'anno si disputerà a Modena.
La maratona è lunga 42,195 chilometri.
Ho deciso che vi parteciperò.
Non alla maratona vera e propria, ma alla mezza maratona.
Che, comunque, per chi non è forte in matematica, sono sempre 21,097 chilometri.
Ora come ora, il mio allenamento mi permette di correre continuativamente per circa 97 metri, quindi mi rimane da imparare a correre per altri 21 chilometri in 208 giorni.
Ovvero, un chilometro ogni dieci giorni.
Ce la posso fare?

lunedì 5 marzo 2012

Sarà...

Sarà il trasloco su una nuova piattaforma.
Sarà il template.
Sarà tutto quello che volete.
Ma da quando sono su blogspot, non so più cosa scrivere.
(Meglio per voi!)

lunedì 2 gennaio 2012

Questo lavoro mi ucciderà ancora... e ancora... e ancora!

E così, qualche sera fa, invio questa e-mail a un cliente:

Buongiorno Orsottopotto (nome fittizio),
come da richieste, Ti invio bozza della e-mail che dovresti inviare ai Vostri partner, rispondendo alle loro e-mail di richiesta di informazioni.
Se hai bisogno di chiarimenti, chiamami.
Saluti,
Baroz.


Infatti, la mattina seguente, Orsottopotto mi telefona allarmato.

Orsottopotto: Baroz, ho inviato quelle e-mail, una alla ditta Strizzapalle (nome fittizio), l'altro all'Università di Carugate  (nome fittizio) e l'altro ancora all'Università di Sozzigalli (nome fittizio) .
Io: Bene, tutto a posto?
Orsottopotto: No, c'è stato un errore nelle trasmissioni! Ho mandato l'e-mail alla Strizzapalle e ho avuto la risposta, ho mandato l'e-mail all'Università di Sozzigalli e ho ricevuto la conferma di lettura, ho mandato l'e-mail all'Università di Carugate ma ho ricevuto un messaggio d'errore, di indirizzo sconosciuto o qualcosa del genere.
Io: Strano... hai risposto all'e-mail che ti avevano inviato loro?
Orsottopotto: No, ma ho ricopiato l'indirizzo tal quale.
Io: E non è andato? Strano... L'hai mandato all'indirizzo della Prof.ssa Sempronia Pincopallina? (nome fittizio)
Orsottopotto: Sì sì, proprio a lei!
Io: Va beh, verifichiamo che l'indirizzo sia uguale... sempronia.pincopallina@unicarugate.it?
Orsottopotto: Aspetta eh, che verifico... ecco, l'ho mandato a mailtosempronica.pincopallina@unicarugate.it
Io: Mailto? (pronunciato così com'è scritto: mailto)
Orsottopotto: Sì, esatto: mailtosempronia.pincopallina@unicarugate.it
Io: ...

giovedì 15 settembre 2011

Non c'è due senza tre

La Vecchia (leggasi: mia nonna) va per i 92 anni e ancora non ha capito che, se è stata bene fino a poco tempo fa, è per una tremenda botta di culo ed è un'eccezione e non la regola.
Comunque, negli ultimi anni è diventata parecchio sorda, le sono venuti diversi acciacchi (normale, per una vecchia che ha iniziato a lavorare a 9 anni) e ha iniziato a dormire poco e male, il tutto unito al fatto che ha problemi di cuore da una quarantina d'anni.
Tutto questo, con la complicità dei medici dell'ACI, non le impedisce di continuare a condurre l'auto (guidare è oggettivamente un termine un po' troppo forte) ma è motivo sufficiente per farsi ricoverare almeno una volta al mese per una serie di esami.

Insomma, la settimana scorsa si è fatta ricoverare.
In geriatria, anche se il reparto non le piace perché "l'è pin ed vec" (è pieno di vecchi).
In geriatria le camere sono doppie: forse perché gli anziani ricoverati non si sentano troppo soli e abbiano qualcuno con cui poter scambiare due chiacchiere.
Ora, provate ad immaginare la Vecchia: una donnina di un metro e cinquanta scarsi (a sentir lei, si è abbassata con l'età mentre fino a qualche anno fa era moooooolto più alta; dalle foto di quando era giovane, sarà stata giusto un metro e cinquantatre) col pepe al culo, che non sta mai ferma e non tace mai.
Ecco, in camera con lei c'era una signora di 93 anni che la Vecchia mi ha descritto così: "quasta l'è vecia, l'è piò vecia che me" (questa è anziana, è più anziana di me), questa signora che non si muoveva, non spiaccicava una parola, sempre sdraiata a bocca aperta a fissare il soffitto.

Vecchia: Beh insàma, ier matèina i m'an purtèe a fer un esam in zèma al let, 'sta sgnora la m'ha guardèe e la m'ha det quel. (Beh, insomma, ieri mattina mi hanno portato a fare un esame portandomi via con il mio letto, questa signora mi ha guardato e mi ha detto qualcosa)
Io: E cosa ti ha detto?
Vecchia: An n'al so, a sun sorda, an n'ho capi gninta. (Non lo so, sono sorda, non ho capito niente)
Io: E tu cos'hai fatto?
Vecchia: A l'ho saluteda con la man. (L'ho salutata con la mano)

E così la Vecchia è andata a fare l'esame e, dopo un paio d'ore, l'hanno riportata in camera e dell'altra vegliarda non c'era traccia, né di lei, né del suo letto.

Vecchia: E alora a i'ò d'mandèe a l'infermèra: "La sgnora l'è andeda via?" (E allora ho chiesto all'infermiera: "la signora è andata via?")
Io: E lei?
Vecchia: E l'infermèra: "Sì, signora, è andata via".
Io: E poi?
Vecchia: E po' l'am fà: "È andata via e non ritorna mica più, sa..." E beh, insàma, l'è morta. (E poi mi ha detto: "È andata via e non ritorna mica più, sa..." Beh, insomma, è morta)
Io: Ecco, magari questa qua ti stava chiedendo aiuto, ha rivolto a te le ultime parole della sua vita e tu l'hai salutata.
Vecchia: Sa vot c'at dèga, a sun sorda. (Cosa vuoi che ti dica, sono sorda)

Fatto sta che, dopo tre ore, la Vecchia aveva già una nuova compagna di stanza, descritta così: "quasta ché l'è dimàndi piò zovna, ma l'è mèsa mel" (questa signora è parecchio più giovane, ma è messa male). In effetti questa signora, "parecchio più giovane" (avrà una novantina d'anni), era messa esattamente come l'altra: non si muoveva, non spiaccicava una parola, sempre sdraiata a bocca aperta a fissare il soffitto.

Vecchia: E me a i'era ché, ca leziva al giurnel e so fiola ag taièva ali ònzi: tic tic tic tic (E io ero qui, che leggevo il giornale e sua figlia le tagliava le unghie: tic tic tic tic)
Io: E lei?
Vecchia: E le gninta, seimper ferma a baca averta e so fiola: tic tic tic. (E lei niente, sempre ferma con la bocca aperta, e sua figlia: tic tic tic)
Io: E poi?
Vecchia: Am volt, a la guerd con la càva di oc e a pèins: "Dio bon, s'lè zàla!" e a toren al me giurnel. E so fiola seimper: tic tic tic, atàc a chi onz. (Mi volto, la guardo con la coda degli occhi e penso: "Dio santo, che colorito  giallastro!" e riporto l'attenzione al mio giornale. E sua figlia sempre: tic tic tic, attaccata a quelle unghie)
Io: Eh, e poi?
Vecchia: E po' l'ariva n'infermèra per cambier i flebo, la verda la sgnora e la càza un sbràit: "L'è fràda! Dutòr! Dutòooor!". Insàma, l'era morta e so fiola ancàra: tic tic tic, an's n'era gnanc adèda (E poi arriva l'infermiera per cambiare le flebo, guarda la signora e lancia un urlo: "È fredda! Dottore! Dottoreeee!". Insomma, era morta e sua figlia ancora: tic tic tic, non se n'era nemmeno accorta)

Oggi sono tornato a trovare la Vecchia.
Ha una nuova compagna di stanza: questa si guarda intorno e parla di continuo, ma non c'è mica con la testa.
Un ictus o qualcosa del genere, insomma.
E allora le dico, alla Vecchia:

Io: Oh nonna, spera che sia più cagionevole di salute di quello che sembra perché, come dice il detto: Non c'è due senza tre, e c'è caso che stavolta tocchi a te.
Vecchia: Val a tor in dal cul. (Vai a prenderlo nel culo)